2022

2022. Anno nuovo.

Ricordo esattamente cos’ho sentito e pensato il 31 dicembre 2020: è andata, abbiamo girato la boa, l’anno più complesso è alle spalle. Il 31 dicembre 2021 invece non ho sentito molto, come se non ci fosse molto da sentire o pensare, ma solo da andare avanti. Perché così è stato tutto il mio 2021: andare avanti. Covid, dad, vaccini, quarantena, lutti, separazioni, conflitti, ansia, depressione, gravidanze, traslochi, cambi lavorativi, esami di riparazione superati, cambiamenti.

Così oggi 3 gennaio 2022 accetto consapevole che è da luglio scorso che non riesco a condividere qui qualche riflessione. E so esattamente perché: perchè ho lavorato, progettato e formato tantissimo, ma soprattutto ho incontrato tantissime persone e forme di relazioni e legami in questi dodici mesi del 2021 che il tempo è trascorso via inesorabile, curando le ferite generando cambiamenti sviluppando consapevoli convivenze con le proprie fragilità.

Ora, se nel 2020 ho pensato “è andata” e nel 2021 ho pensato “andare avanti”, cosa pensare del 2022? Strutturare e rilanciare. Strutturare tutto il materiale clinico, emozionale e relazionale emerso in questi mesi di lavoro intenso, e a volte faticoso e doloroso. Perchè senza il riconoscimento e l’accettazione della complessità, della fatica e del dolore, non avviene il cambiamento, non si sviluppano nuove risorse, non ci si predispone al nuovo che verrà. Per cui, strutturare tutte le risorse fatte emergere consapevolmente e non in questi incontri terapeutici. Rilanciare, perchè rilanciare è terapeutico, è fiducia, è speranza, è amore. Senza un nuovo desiderio, un gesto creativo, una gestalt non si esce dalle sabbie mobili, e spesso l’incontro terapeutico è esattamente un tentativo velato di rilanciare. Per cui, se nel 2021 si è molto incontrato e approfondito, il 2022 nasce per strutturare e rilanciare.

Sarà così anche per me professionalmente: proseguirò la mia formazione specifica, contribuirò a vecchi e nuovi progetti, continuerò a fare molta psicoterapia, ma in un’ottica rinnovata e generativa. Strutturare e Rilanciare.

Che il 2022 si incontri con noi.

Giuliano Bidoli

Riflessioni sull’adolescenza

“Quindi spiegami, perchè vorresti sospendere il percorso e riprenderlo in autunno?”

“Lo vorrei fare perchè mi sento meglio, va meglio, la scuola è finita, sto uscendo. Preferisco così”

In queste settimane immediatamente successive alla conclusione della scuola, agli scrutini e all’esplosione dell’estate ho accolto numerose richieste di sospensione del percorso terapeutico da parte di ragazze e ragazzi incontrati nei mesi scorsi. Il motivo?

Semplice. Han ripreso a vivere. A respirare, a uscire, a parlare, a toccare, a sentire, a emozionarsi, a scontrarsi, a sognare, a progettare. Dopo un autunno e un inverno veramente complesso su un piano scolastico e sociale, finalmente la normalità, la leggerezza, la possibilità di vivere quello che dentro non ha mai smesso di spingere: l’adolescenza. C’è da preoccuparsi?

No, purché non sia una fuga dalla fatica o dalla sofferenza che han dentro. Con la dad han chiesto aiuto, con l’isolamento han chiesto aiuto, con il timore per il rendimento scolastico han chiesto aiuto, quando c’è stato da trattare sull’autonomia dentro e fuori casa han combattuto. Ora han ripreso a vivere, si sentono meglio, stanno facendo una scelta. Prima la scelta era chiedere aiuto, ora la scelta è uscire e vivere. E noi genitori ora?

La DAD è finita, l’estate è iniziata. Anche per voi. Riprendetevi il vostro ruolo: lasciateli andare, lasciateli recuperare in fretta le tappe perse in questi mesi. Sfruttate questa finestra estiva per aiutarli a responsabilizzarsi: la DAD per le sue caratteristiche ha annullato questa possibilità, lasciandoli uscire invece si pò lavorare molto di più su questa responsabilizzazione. E se sbaglieranno li aiuterete, accogliendo e responsabilizzandoli ulteriormente. E la scuola?

Vedremo a settembre, vedremo in autunno. Una prospettiva da definire, l’importante è aiutarli a credere in se stessi. La domanda che ho posto di più è stata questa: “cosa scegli di portare con te e cosa no di questi due anni scolastici? Cosa ti ha veramente aiutato e cosa invece ti ha messo in difficoltà?”. Le risposte così lucide e profonde sono segnale che hanno capito, e che cercheranno di mettersi in gioco in modo differente da prima. E la terapia?

La terapia inizia ora. E se emergeranno vecchi o nuovi bisogni, tornerete a chiedere aiuto. Questi mesi critici sono stati nonostante tutto una grande opportunità di scoprire in ogni persona e famiglia nuovi modi di essere e di relazionarsi, si sono scoperte nuove fragilità ma anche nuove risorse e strategie, che all’occorrenza potranno essere utilizzate anche nei mesi successivi per fronteggiare le inevitabili crisi che il cambiamento in adolescenza comporta nei figli e nei genitori. Ultimo consiglio?

Sì. Prenotate le vacanze. Sa di normalità, serve leggerezza, produce endorfine, servono nuove foto da alternare a quelle in cui eravamo in isolamento dentro casa!

Buona estate

Giuliano Bidoli

Riflessioni sulla genitorialità

Queste riflessioni trovano le loro radici in questi 14 mesi di pandemia e in questa “normalità precaria” che come comunità stiamo faticosamente cercando di sostenere, sviluppando nuove risorse e strategie adattive. La genitorialità, intesa come possibile forma di legame e di funzione della vita adulta, è stato uno dei teatri principali dove poter osservare questo complesso lavoro di adattamento.

Diventare genitori significa, tra le altre cose, offrire protezione, sostegno, guida, prospettiva, amore, reciprocità… ingredienti da modulare a seconda dell’età dei figli e delle caratteristiche delle dinamiche familiari. E diventare genitori significa anche, tra le altre cose, scegliere, diventare adulti, costruire e alimentare un legame con un partner, scegliere di essere genitori single (o trovarcisi), ridefinire il rapporto le famiglie d’origine, dare un seguito alla propria stirpe. E diventare genitori significa anche, tra le altre cose, coltivare i propri interessi, passioni, competenze, relazioni sociali. La meta ideale è l’integrazione di tutti questi aspetti come simbolo di un viaggio che parte dall’inconsapevole e arriva al consapevole, spesso camminando passo passo con la crescita dei figli.

Questi 14 mesi di pandemia uniti alla “normalità precaria” che viviamo hanno stressato ulteriormente la genitorialità, che già di per sé rappresenta un percorso complesso. Riflettendo attraverso le molte situazioni cliniche incontrate, ho individuato quattro aree cruciali in cui osservare come le famiglie stanno affrontando l’attuale crisi, se in modo evolutivo oppure involutivo.

Spazio: inteso sia come setting sia come confine. Improvvisamente prima, stabilmente ora, la casa è diventato l’unico setting possibile e per certi versi sicuro (eccetto il contagio di un membro della famiglia…): l’unico palcoscenico dove mettere in gioco ogni dinamica, individuale e relazionale. Al setting costretto fanno da cornice i nuovi confini familiari, più rigidi e prescrittivi verso l’esterno, più liquidi e invertiti all’interno: genitori in smart working, figli in DAD, 24/7, fuori il virus, dentro il sicuro. Il punto è che il dentro è diventato il tutto della vita familiare.

Tempo: la crisi per definizione fa vivere al tempo presente. Annulla la prospettiva, sfoca il passato, concentra tutto al presente assorbendo molta energie. E la genitorialità per definizione ha bisogno di tempo essendo un percorso caratterizzato da diverse fasi e compiti di sviluppo: “mi spiace che mio figlio abbia perso un anno della sua adolescenza”; “mi spiace che non si possa fare il compleanno con i compagni di classe”. Tra feste di laurea in virtuale, matrimoni rinviati e compleanni a distanza, la genitorialità sembra vedersi frammentare quell’inesorabile flusso temporale che svolge una funzione essenziale per la genitorialità stessa.

Vicinanza: la vicinanza, l’intimità sono ingredienti necessari nella relazione genitoriale, permettono un attaccamento sicuro, cura, riparo, reciprocità. Ma se l’obiettivo finale è regalare al figlio autonomia è bene che la vicinanza sia dinamica e non statica, sicura e non ansiogena, inclusiva e non esclusiva. Ma come si fa a condividere un’intimità sufficientemente buona se ci si sente investiti a fare da genitori insegnanti, se si è alle prese con i personali momenti critici (dalla stabilità lavorativa alla preoccupazione per i nonni), se ci si vede obbligati ad una vicinanza intima alla quale magari si è poco allenati?

Autonomia: è l’altro lato della medaglia della relazione genitoriale. Come desiderare, condividere e co operare per l’autonomia del figlio se il periodo non lo permette, se le prospettive si annebbiano, se il presente è poco sostenibile? Quale futuro autonomo se improvvisamente il genitore si vede lui stesso in sfiducia rispetto al futuro, o lui stesso in dovere di affiancare eccessivamente il figlio nel suo percorso di autonomia?

In questi lunghi mesi di lavoro insieme alle famiglie, ai genitori, ai ragazzi, agli educatori e a tutte quelle persone che nella vita sanno essere “genitori” trasversalmente, hanno trovato radici le mie riflessioni che ora condivido come messaggio terapeutico di fiducia nelle persone e nei legami familiari: il futuro è oltre la collina, è al di là della nuvola, è nel punto più basso della sofferenza, è nel punto più intenso del conflitto. Trasmettete questo messaggio a voi stessi e ai ragazzi, fate un passo di lato, lasciateli sperimentare, errare, chiedere perdono, rendersi consapevoli, responsabilizzarsi. Il mondo è necessariamente in divenire verso un modello sostenibile e circolare: così dovrà essere anche la genitorialità post covid. Sostenibile nello spazio, nel tempo, nell’intimità e nell’autonomia. Circolare perchè la genitorialità è un lavoro di squadra, condiviso da molte agenzie, costruito co operando tra generazioni. Solo così la genitorialità tornerà ad essere un processo che genera, che dà prospettiva, che permette una sana individuazione e di tramandare ai nostri figli qualcosa che è già stato tramandato a noi, ma inserendo ad ogni nuovo passaggio un tocco di nostra originalità.

Giuliano Bidoli

Riflessioni sulla DAD

Didattica a distanza. Dad. Un acronimo che si è fatto ampio spazio nel lessico familiare dell’era covid, accompagnato da altri termini relazionali quali isolamento, smart working, congiunto, affetto stabile. Un allargamento di vocabolario che dimostra la capacità umana di plasmare il linguaggio con lo scopo di entrare in confidenza con la crisi in corso, oggi denominata covid.

Desidero condividere con voi alcune riflessioni sul tema DAD perchè in questi ultimi mesi la richiesta di aiuto, supporto, orientamento da parte dei ragazzi e delle famiglie su questo tema è stata crescente. Inoltre, mi ha ispirato un’intervista al dott. M. Ammaniti sull’impatto del covid nei bambini e negli adolescenti.

La prima riflessione riguarda nello specifico cos’è successo agli adolescenti tutti: il loro orizzonte così come lo conoscevamo è stato trasformato. D’improvviso, gli sdraiati, gli hikikomori, i cutting, gli adolescenti tutti hanno visto la loro realtà quotidiana sospendersi: routine, educazione, attività extra, relazioni amicali, dinamiche familiari. Tutto sospeso, tranne quel necessario processo di cambiamento psico- fisico che l’adolescente sperimenta attraverso il proprio corpo. Corpo a cui improvvisamente è stato tolto il teatro dove potersi sperimentare: stop gruppalità, scuola, amicizia, amore. Realtà sospesa, teatri chiusi, nessuna possibilità di sfruttare routine e scenari a disposizione per trovare compenso delle forti forze interne che spingono il cambiamento adolescenziale. Senza dimenticare quel delicato confronto con l’angoscia di morte che il covid ha posto in ognuno di noi, loro compresi, che con l’angoscia di morte vivono già un confronto faticoso dovendo affrontare il lutto per la loro parte infantile che cede il posto al loro diventare giovani adulti.

In questa adolescenza sospesa, la famiglia è divenuto l’unico teatro possibile. Famiglia che anch’essa ha visto al suo interno trasformarsi gli equilibri affettivi, relazionali e sociali. Spesso anche lavorativi. Gli equilibri, le routine, le dinamiche così come la famiglia le aveva apprese e tramandate, sospesi. Il primo lockdown ha anche offerto aspetti generativi di ritrovata coesione, di ritmi più godibili, di routine più ricche su un piano del gioco e del benessere. L’estate ha permesso di rigenerare corpo e mente, ma l’autunno e l’inverno sono stati inesorabili per le nostre famiglie: da un lato il nuovo equilibrio familiare creatosi, caratterizzato da vita sociale assente, figli in DAD e genitori in smart working o impegnati in nuove stressanti sfide lavorative; dall’altro lato, l’angoscia di morte presente ormai da quasi un anno, con delicati equilibri generazionali e sociali da trovare per i genitori: preservare la salute dei nonni o garantire ai propri figli adolescenti di sperimentarsi uscendo di casa? Questa complessità ha reso più difficile la funzione genitoriale, ossia quel reinvestire nella relazione di coppia, reinvestire nel sociale, trovare un equilibrio lavorativo, favorire l’autonomia dei figli, ridefinire i confini della famiglia, fungere da porto sicuro e riferimento affettivo ed etico rispetto alle esperienze altre dei ragazzi.

In questo scenario di adolescenza sospesa e famiglie tese nella ricerca di nuovi equilibri, la DAD. DAD che ora è il principale elemento organizzatore della vita degli adolescenti: offre routine, dà un ritmo, attiva a sperimentare, richiama dinamiche di gruppalità, tocca temi educativi ed etici. Ma come si è passati da elemento stabilizzatore ad elemento che ha amplificato la crisi dei ragazzi? E’ bene evidenziare alcuni punti per rispondere a questo:

lo strumento: la DAD per compiersi utilizza device (pc, tablet, tv, smartphone) solitamente associati a momenti di gioco, di svago, che permettono di dare sfogo a bisogni di natura relazionale (virtuale) o a impulsi aggressivi connaturati nel processo di sviluppo dell’adolescente. Inoltre le ricerche dimostrano che la carta resta lo strumento percepito come migliore dai ragazzi nello studio;

i processi cognitivi: quando la tecnologia serve per giocare attiva un certo tipo di processi cognitivi, quando viene utilizzata per studiare ne attiva altri. Spesso i ragazzi non riescono a trovare la giusta integrazione tra queste due tipologie di processi, sperimentando quindi difficoltà di attenzione e concentrazione, difficoltà nello stare dentro il “qui e ora” della lezione, difficoltà nella memoria procedurale;

il gruppo: un anno solare di DAD a cavallo tra due anni scolastici ha reso assente il senso e le dinamiche di gruppo. Chat di classe silenti, scarsa collaborazione, scarsa identificazione con il gruppo classe, pensieri individualistici, confronto inesistente. Senza contare le ricadute future di tutti quei compagni di classe che nel silenzio si sono allontanati dalla DAD, per limiti tecnologici o di pregressa natura;

gli insegnanti: l’insegnante occupa il posto dell’altro adulto significativo insieme ai genitori. Un posto speciale e complesso che in questa DAD è praticamente assente. Sta mancando quella relazione tra prof e studenti che permette a questi di sperimentarsi, di immaginarsi, di identificarsi, di staccarsi, di confliggere. Manca la relazione, solitamente alla base di ogni strumento educativo;

la scuola: quale scuola? Perché la scuola oggi è la propria stanza, il proprio device, il proprio pensiero e metodo di studio, le proprie credenze. Con l’aggravante che questo è praticamente l’unico ingrediente della giornata dei ragazzi, nient’altro;

i genitori: quando non sono comprensibilmente in ansia per le fatiche storiche dette sopra, si sono sentiti investiti di un ruolo non loro: educatori. In buona fede, al meglio delle loro potenzialità, ma pur sempre con una confusione di fondo rispetto a ruoli e confini che non è risorsa per i ragazzi;

il rapporto con sé stessi: il passaggio più delicato. La DAD per le sue caratteristiche impone ai ragazzi di stare troppo in contatto con se stessi, rispetto a quanto vorrebbero o a quanto ne sono capaci. Penso al piano temporale, dove la DAD è onnipresente e unico ingrediente di giornata; penso al piano spaziale dove la DAD annulla i confini della casa, dentro la casa e tra impegno e svago; penso soprattutto al complesso rapporto con la propria immagine dovuto alla webcam. Immaginiamo di guardarci allo specchio per 5 ore, e mentre lo facciamo attraverso lo specchio vediamo i nostri compagni di classe che ci osservano…

In conclusione, ora disponiamo di qualche elemento in più per poter comprendere la crisi di alcuni ragazzi rispetto alla DAD, per poterli aiutare ad affrontarla e sviluppare risorse in loro presenti. Gli insegnanti potrebbero dedicare maggior energia alla cura della relazione durante la DAD, i genitori potrebbero disinvestire i panni da educatore e riprendere il loro naturale ruolo di polo affettivo e di prospettiva, la scuola potrebbe scegliere di andare a riprendersi con progetti ad hoc i ragazzi “dispersi”, andando oltre la classica telefonata alle famiglie. E i ragazzi? I ragazzi meritano da parte di tutti gli adulti educatori coinvolti la costruzione di un clima di ascolto, di supporto, di contenimento e di prospettiva, solo così saranno capaci di confrontarsi con la DAD non come evento spartiacque della loro vita, ma come una delle tante complessità a cui far fronte con nuove risorse, verso un futuro che necessariamente li vede come protagonisti.

Giuliano Bidoli

Covid, Relazioni familiari e psicologia

In collaborazione con TGplus, ho parlato di questo tema durante un’intervista.

Ecco il link, per non perdere il mio intervento: link

A breve nuovi contributi su questa trama complessa e intrecciata che caratterizza il nostro periodo storico.

Giuliano Bidoli

ANNO COVID: 2020

Il titolo l’ho preso da un libro che sto leggendo, Anno domini (ed. Mondadori). Il libro racconta l’evoluzione dell’aggressività umana attraverso i secoli, mettendo insieme storie di delitti appartenenti ad epoche diverse. E’ un libro suggestivo, perchè il delitto è “solo” il pretesto letterario per indagare l’animo umano, le sue sfumature, i suoi abissi, così controversi ma sempre così affascinanti.

Se finora avevamo assistito curiosi, da spettatori o da attori non sempre consapevoli, a tutte le sfumature emotive di cui l’animo umano è capace, il 2020 sarà ricordato per l’anno in cui invece tutti abbiamo avuto la possibilità di confrontarci vis à vis con questi aspetti e con la fisarmonica emotiva che abbiamo provato. 2020, Anno Covid.

E’ stato un anno complesso, doloroso, di malattia, di lutti, di vuoti, di relazioni non vissute, di routine inedite, di webcam spente, di coppie scoppiate, di padri in smart working e figli in dad, di paura, di incertezza, di decreti (mai così tanto interesse dei cittadini verso le scelte dei politici e dei tecnici), di colori, di numeri. Di vita, perché anche la malattia, la morte, la distanza o la paura di tutte queste cose, sono vita.

Sono tra i privilegiati e curiosi che quest’anno hanno potuto lavorare ininterrottamente, e di vita ne ho vista. Ne ho vista forse più che in altri anni. Perchè la vita è tutto questo, un mescolatore di emozioni, di relazioni, di biografie e questo è l’anno dove abbiamo vissuto di più. O almeno dove abbiamo percepito di vivere di più.

Un anno dove abbiamo vissuto tanto e dove ognuno di noi ha una storia da raccontare, un’emozione da descrivere, una relazione da definire. Tutto da buttare? Solo una scia negativa? Solo scorie per le generazioni future?

No, ma dipende e dipenderà da noi: dalle nostre capacità emotive, dai nostri pensieri, dalle nostre scelte lessicali e comportamentali. In un anno in cui abbiamo vissuto così tanto, non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione di “maturare” così tanto.

Perchè ho visto ogni giorno quel processo che ci ha fatto maturare, dalla negazione gioiosa dei balconi alle lacrime silenti per le bare nei camion dell’esercito, dalla dad improvvisata alla dad totalitaristica, dall’isolamento al cercare di coltivare un’amicizia ugualmente, dal lockdown familiare forzato al benessere di condividere ancora momenti insieme, in intimità.

La strada non è per nulla in discesa e per nulla prossima al traguardo (il vaccino, step fondamentale, è solo uno dei gran premi della montagna, per usare una metafora ciclistica), il lavoro da fare emotivamente è ancora molto ma siamo nella direzione giusta, siamo dentro il processo adattivo, siamo nel flusso di questo momento storico. Continuo a vederlo ogni giorno, anche oggi che è l’ultimo giorno dell’anno.

La crisi, il trauma, il karma che ha portato con sé questo 2020 ci ha riportato alla vita con la V maiuscola, ma ci ha permesso di conoscere in prima persona noi stessi e ciò che di più intimo ci appartiene: le nostre emozioni. Ora, dando senso a tutto quello che è accaduto e coltivando ancora quelle risorse sconosciute e insperate che abbiamo trovato dentro di noi, continuiamo il processo, il percorso, il flusso. Ci sarà Vita anche nel 2021. Ci sarete anche Voi.

Buon anno. Insieme.

Giuliano Bidoli

Persone con demenza e covid19

In questi mesi di pandemia le persone con demenza e le loro famiglie hanno saputo adattarsi alla convivenza con il covid e con le conseguenze indirette di questo scenario, tra cui ad esempio l’isolamento, la difficoltà nelle routinarie prestazioni assistenziali, l’interruzione dei momenti di sostegno e condivisione gruppali.

Ogni sistema coinvolto ha saputo sviluppare risorse alternative e attuare strategie di adattamento a questa fase, ma ovviamente la durata prolungata della crisi e la ciclicità della curva epidemica rischia di ridurre le energie presenti. Con questa motivazione condivido con voi che mi leggete questo rapporto dell’ISS, dove spero che ognuno possa trovare qualche spunto interessante che lo riguarda.

Link: https://www.iss.it/documents/20126/0/Rapporto+ISS+COVID-19+61_2020.pdf/c2f4f7b5-68e9-849b-0071-f36d4560d83f?t=1603878366209

Come ripeto spesso, la condivisione di buone prassi e la sensazione di non sentirsi soli sono due punti cruciali per il benessere dei caregiver, delle famiglie e delle persone con demenza.

Giuliano Bidoli

Agosto 2020

Agosto 2020.
Un anno complesso, un autunno da definire. 

Ora è il momento di coltivare benessere: 
l’estate è lentezza, leggerezza e piacere.
Permettetevelo. 

Giuliano Bidoli

Lessico familiare e Covid

Cos’è successo alle famiglie nell’era Covid? 

Come stanno affrontando le prospettive future?

Scopriamolo insieme in questo video

Giuliano Bidoli

Benessere e Covid: riflessioni a confronto

Si è conclusa venerdì la VII edizione della giornata del Benessere, evento interamente dedicato quest’anno alle riflessioni sulla convivenza con il Covid a vari livelli. 

Un’edizione intensa, profonda, ricca e condivisa.

Un Grazie ai relatori, che ci hanno aperto nuovi orizzonti attraverso alcuni concetti chiave, che riassumerei così: 

la dott.ssa Martellini con “volersi bene”
il dott. Bidoli G. con “lessico familiare”

il dott. Mattassi con “PNEI e stress”
il dott. Soriani con “consapevolezza”
la dott.ssa Cicuttin M. con “dieta consapevol

il dott. Neri con “riprogettare i progetti educativi”
il dott. Cicuttin R. con “desiderio”
il dott. Brussolo con “intelligenze virtuali”

il dott. Scaringi con “confini”
il dott. Bompan con “empatia”
l’op. Bidoli D. con “percezione ambientale”

Un Grazie a chi ha scelto di ascoltarci, di riflettere, di condividere, di appartenere. 

Ora lasciamo sedimentare i tanti stimoli condivisi, e proiettiamoci verso nuove iniziative autunnali, come il possibile remake dell’evento e la ricorrenza per i 10 anni di attività professionale. 

Grazie a tutti.

Giuliano Bidoli